Apple, dopo dieci anni di lavoro e 5.000 brevetti, ha presentato un nuovo prodotto alla conferenza per gli sviluppatori WWDC. Si chiama Vision Pro ed è un visore per le realtà estese, in particolare per la “mixed reality” cioè per riprodurre digitalmente la realtà circostante, aggiungendovi nuovi elementi digitali. Apple lo posiziona come il computer del futuro, una nuova piattaforma di “spatial computing” dove la potenza computazione è intorno a noi, nello spazio. Sarà disponibile nella prima metà del 2024, inizialmente solo negli Stati Uniti, al prezzo di 3.499 dollari.
L’hardware di Vision Pro
Il visore è stato progettato con materiali di alta qualità, la parte frontale di vetro è incorniciata in un corpo in alluminio. Dentro ci sono 12 videocamere (2 sono TrueDepth, 2 sono a infrarossi), 5 sensori (tra cui uno scanner Lidar), 6 microfoni, 2 display da 4K per occhio (23 milioni di pixel da 7.5 micron ciascuno). Non si conoscono i dettagli dell’ampiezza del campo visivo, del refresh rate e della gamma di regolazione della distanza interpupillare (IPD).
Lateralmente sono nascosti due speaker incaricati di generare l’audio spaziale, adattandolo alle dimensioni e agli oggetti presenti nella stanza (dopo averli scansionati con una tecnologia di “audio raytracing”).
La fascia posteriore, detta “Head Band” è staccabile e regolabile, così come la maschera frontale, chiamata “Light Seal”, che rimane flessibile per adattarsi alla forma del viso. Chi ha problemi di vista può comprare delle speciali lenti Zeiss che si agganciano magneticamente a quelle di base (un gruppo ottico fatto da 3 lenti).
Vision Pro, di cui non conosciamo il peso, potrebbe essere più leggero di altri dispositivi simili di fascia alta perché fa affidamento su una batteria esterna collegata con un cavo. Garantisce un’autonomia di 2 ore o di un giorno se collegata ad un’alimentazione esterna.
Il sistema utilizza un processore M2 e un nuovo chip chiamato R1 che ha il compito di processare velocemente le immagini esterne e interne. Infatti Vision Pro non “renderizza” solo l’ambiente esterno, ma anche il volto e gli occhi dell’utente che saranno resi visibili, con un effetto trasparenza, a chi non indossa il visore (funzione chiamata “EyeSight”). Inoltre, la scansione dell’iride (Optic ID) rende superflue le password.
Il software di Vision Pro
Vision Pro si basa su un nuovo sistema operativo: “visionOS“. Apple lo definisce “la piattaforma perfetta per creare incredibili esperienze spaziali” ossia che sfruttano lo spazio circostante in un continuum che va da una bassa immersività fino ad un’alta immersività (Apple non parla mai di realtà virtuale).
All’accesso, l’utente vede le icone delle applicazioni fuse con l’ambiente circostante. Il tracciamento oculare permette di muoversi tra le varie app senza alcun controller fisico (sembra abbastanza “magico”). Basterà, poi, unire le dita per aprire l’applicazione desiderata. I gesti delle mani servono anche a muovere le finestre e ad attivare lo scorrimento delle pagine (una cosa che è già possibile fare con altri visori, ma qui sembra che sia tutto molto più fluido). Anche la voce può essere usata per dare comandi al sistema operativo.
Apple Vision Pro è anche una videocamera 3D ossia in grado di registrare ciò che l’utente osserva con una qualche informazione di profondità. Il grado di realismo andrà verificato, ma questa potrebbe essere una killer app, soprattutto per le famiglie.
Le altre applicazioni, invece, non sembrano così entusiasmanti, anche perché sono cose che già si possono fare da tempo con i visori esistenti. Tutte quelle di Apple saranno utilizzabili in questo spazio misto, da Facetime alle app di produttività, e gli sviluppatori potranno anche fare il porting delle proprie all’interno di visionOS. La sensazione è che il visore, attualmente, sia pensato per sostituire i monitor che già usiamo per lavoro e per divertimento. Basterà a convincere le masse ad acquistarlo?
In realtà la risposta non è da cercare nel breve periodo perché, per ora, Vision Pro è destinato soprattutto agli sviluppatori che dovranno capire come sfruttare le potenzialità di questo gioiello di ingegneria per rendere più immersive le proprie applicazioni. Forse la killer app potrebbe venir fuori da una delle loro idee. Ma c’è tempo, questo è un altro passo nella direzione del metaverso, anche se Apple non lo chiamerà mai così.