Come sta cambiando lo storytelling nel metaverso? Quale sarà l’impatto dei mondi immersivi nella narrazione di brand? Un tema che dobbiamo considerare con attenzione soprattutto perché nel metaverso stanno cambiando le nostre modalità di interfacciarci e di relazionarci con i brand. Come precisa Michael Honeck, come pubblici e fruitori di storie desideriamo fare esperienze di valore che ci elevino, ci aiutino a connetterci. Dobbiamo allontanarci dall’hype e avvicinarci ai fondamenti di ciò che rende un’esperienza umana avvincente, perché le persone torneranno per riviverla.
Metaverse architects and designers should see narrative and experience not as a straight train track, but as a gentle hand on the audience’s shoulder, or a light breeze beckoning them in the right direction.
Michael Honeck – global experience design director for Accenture’s Metaverse Continuum Business Group
Experience
L’experience è diventata sempre più centrale nella narrazione. I pubblici hanno iniziato a narrarsi online fin dall’avvento dei blog nel 2004 e ad interagire con i brand con la diffusione dei social network. Le storie non erano più proprietà esclusiva delle aziende, ma erano sempre più frammentate sui vari media e, grazie al mobile, hanno mantenuto i pubblici sempre connessi e capaci di cercare e ricevere stimoli da parte delle società. Molte storie di marca sono state co-create con i fan e i consumatori.
Un passo ulteriore è stato fatto con la diffusione delle tecnologie immersive (soprattutto realtà virtuale) che ha fatto evolvere la narrazione in immersive storytelling per cui il fruitore della storia passa da consumatore passivo ad attore al centro della scena.
Non conta solo l’’effetto wow’ che spesso l’uso del visore genera nelle persone meno avvezze alla tecnologia, ma le interazioni vere e proprie, il rilevamento delle loro emozioni per condurle in un’esperienza e proporre contenuti d’interesse.
Tecnologia, ma non solo
Con gli esperimenti narrativi in VR che si sono susseguiti negli ultimi anni abbiamo compreso che la variabile del successo non dipende tanto dalla tecnologia, quanto dal livello di immersività, coinvolgimento emotivo che si riescono a generare.
Esempi molto interessanti sono stati i video When We Stayed Home realizzati durante la pandemia. Ci hanno condotti per mano a visitare Parigi, Venezia, Gerusalemme e Tokyo a 360° deserte durante il lockdown in Oculus TV. Abbiamo conosciuto Alex Hai che era gondoliere a Venezia da 24 anni e Jérôme Callais, libraio da 30 anni sulla Senna a Parigi.
Notissimo e di grande impatto il video Clouds Over Sidra in cui siamo immersi nella storia di una ragazzina di 12 anni, Sidra, che vive con la famiglia nel campo profughi The Zaatari Refugee Camp in Giordania.
Presenza
La sensazione di essere ‘dentro’ la scena era già una caratteristica dei videogame, dove l’ambiente e la storia determinano ancora oggi il successo del gioco stesso. Come dice Fabio Viola, game designer a livello internazionale, “I videogiochi rendono il giocatore protagonista: Siamo noi gli eroi ed i protagonisti assoluti. Questo aiuta tremendamente nell’immersione della storia, il giocatore diventa in un certo grado il co-designer dell’esperienza.”
La presence nella realtà virtuale e nei mondi immersivi viene aumentata dai sensi che sono attivati. In uno spazio tridimensionale la narrazione deve puntare non solo sulla vista, servendosi dell’illuminazione per determinare la direzione verso cui si vuole che l’utente guardi, ma anche dei suoni e dell’interazione con altri personaggi e oggetti nell’ambiente. Negli ultimi mesi si sta cercando di puntare anche sul senso dell’olfatto tanto che, dopo alcuni esperimenti di startup, al CES 2023 l’azienda OVR Technology ha creato cartucce olfattive che possono adattarsi a un visore e, utilizzando una tavolozza di 8 aromi primari, replicare gli odori mentre si è nel metaverso, creando simulazioni più realistiche e rendendo l’esperienza dello spettatore o del giocatore memorabile.
Il valore della storia
E nei mondi immersivi quanto potrà valere una buona storia? Abbiamo approfondito con Elisabetta Rotolo e di seguito abbiamo riportato alcune sue riflessioni contenute nell’ebook “Women in the Metaverse. Storie di donne che ispirano le donne”.
ll metaverso per essere abitabile e fruibile al pieno delle sue potenzialità deve essere uno spazio virtuale dinamico, ricco di personaggi che possano interagire fra di loro o che in ultima istanza abbiamo un’identità e una storia ben definita e riconoscibile. Così come le città, le regioni e gli stati geografici nel mondo fisico sono cariche di simbolismi, tradizioni e cultura, anche il metaverso dovrà emulare il mondo fisico e dunque è necessario che siano gli storyteller a raccontare la storia e le origini degli spazi virtuali che abiteremo.
Elisabetta Rotolo, CEO di MIAT
C’è un insito bisogno di personaggi interessanti e ambienti virtuali significativi in cui immergersi. Questo porta nuove e complesse sfide narrative.
Sfide che coinvolgono gli ambienti immersivi dove si troveranno le persone e le community, i personaggi che dovranno essere ‘story-based: con storie e valori che possono portare dietro nell’interoperabilità nel metaverse.’
Attualmente le storie di marca utilizzano esperienze di gaming sia perché molte aziende hanno creato dei loro mondi immersivi o experience all’interno di piattaforme già esistenti sia perché cercano di trattenere e coinvolgere i pubblici con attività originali.
Pensiamo ad esempio ad alcuni brand del lusso che hanno creato esperienze in Roblox come Givenchy. Ad aprile 2022 ha lanciato Givenchy Beauty House, un castello fantastico con fiori di grandi dimensioni, una discoteca, una make-up station dove gli utenti possono fare un restyling al loro avatar e partecipare a un concorso di bellezza, partecipare ad una caccia al tesoro per trovare quattro Givenchy Gs nascosti e molte altre attività per conoscere meglio il brand. La beauty house è stata visitata più di 2,3 milioni di volte dal lancio.
Sempre in Roblox il brand Lavazza narra i progetti che la Fondazione Lavazza porta avanti in collaborazione con CESVI a sostegno delle comunità indigene nella riforestazione della Amazzonia peruviana. attraverso Lavazza Arena per sensibilizzare i più giovani sull’ambiente. Nel mondo virtuale il campo da calcio è privo di verde, ma più partite vengono giocate, più la mappa di gioco si arricchisce di natura e di alberi. I giocatori possono anche accedere alla Learning Area per informarsi sul tema della deforestazione.
Altro case study da analizzare con curiosità è Hell’s Kitchen del famoso cuoco Gordon Ramsay che ha aperto un ristorante in The Sandbox e propone avventure di vario genere.
In queste piattaforme decentralizzate in cui le community sono attive e prendono le decisioni le storie non sono unidirezionali come nei media classici – radio, cinema o televisione-, ma sono co-create in uno spazio collettivo che connette sempre più il virtuale con il reale.
Un nuovo touch point
Dobbiamo necessariamente considerare il metaverso un nuovo touch point che le aziende dovranno studiare attentamente e nel 2023 iniziare ad inserire nelle loro strategie di marketing e di comunicazione. Come ci dice il grande esperto di storytelling, Joseph Sassoon nel suo ultimo libro “Brand storytelling nel metaverso”:
‘Il Metaverso rappresenta il prossimo livello di comunicazione per le marche, non solo perché si aggiunge alle forme già offerte dai social media, ma anche perché riporta alla ribalta e ridefinisce in modo nuovo l’idea stessa di esperienza.’ Precisa anche che i cartelloni pubblicitari (come troviamo ad esempio in Decentraland), gli avatar, l’XR e l’intelligenza artificiale hanno portato lo storytelling di marca a diventare esperienziale e proprio per questo motivo i brand sono entrati nel metaverso attraverso il gaming.
‘La storia è l’esperienza, o l’esperienza è la storia. I giochi sono tipicamente immersivi ed esperienziali, e il brand storytelling in questi casi consiste nell’attivare esperienze divertenti collegate ai prodotti della marca e i principi che la ispirano.’
Narrazioni di brand
Oltre al coinvolgimento attraverso esperienze di gaming le aziende possono puntare sulla narrazione del brand, comunicando i valori della società e i suoi impegni in tema di ambiente e sostenibilità. Nelle piattaforme già esistenti, come ad esempio Altspace VR che non presuppone acquisti di terreni, possono creare delle sedi virtuali personalizzate dove accogliere clienti e stakeholder da tutto il mondo ed accompagnarli nella visita, puntando visivamente, tramite oggetti e colori iconici o immagini, al racconto aziendale. Un tour virtuale che può essere arricchito anche da momenti di consulenza o dall’inserimento nella struttura dei nuovi assunti come ha realizzato Accenture.
Le possibilità sono infinite e devono essere ancora esplorate da molti brand che al momento stanno a guardare, intimoriti da questa nuova realtà. Il metaverso è in costruzione e dobbiamo sicuramente tenere conto delle opportunità offerte, ma anche dei rischi e dell’importanza dell’etica in un ambiente virtuale che prende forma giorno per giorno.
Come dice Anjuli Gopalakrishna, Founder A G Tech Pte Ltd nell’articolo dal titolo “Metaverse: A shift from “storytelling” to “story-living“, dobbiamo partire per quest’avventura dopo esserci posti una domanda fondamentale per la nostra proposizione di valore: “Per aver successo nel metaverso brands e marketer devono imparare a pensare in maniera diversa. Non come raccontare una storia, ma che tipo di esperienze immersive puoi creare e offrire agli abitanti del metaverso. Quale valore o utilità gli puoi dare?”